Il “nuovo” sovraindebitamento nella legge di conversione del Decreto Ristori: le anticipazioni del codice della crisi

 Prima parte

La legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha convertito il D.L. 137/2020 mutando la disciplina del sovraindebitamento e inserendo l’articolo 4-ter nel corpo del c.d. Decreto Ristori.

Queste disposizioni sono entrate in vigore dal 25 dicembre 2020 ma è fatta salva la possibilità di chiedere un termine – fino novanta giorni – per l’aggiornamento della proposta o della domanda eventualmente pendente per armonizzarla con la nuova disciplina, che espressamente si applica anche ai procedimenti in corso (ovviamente tale termine non potrà essere richiesto quando l’accordo di composizione della crisi è stato già rigettato dai creditori).

Con questa scelta il legislatore ha certamente voluto facilitare l’accesso all’istituto tanto che da più parti si afferma che tra due opzioni interpretative, sempre possibili, oggi si dovrà preferire quella che consenta l’apertura della procedura rispetto a quella che la neghi.

Anzitutto il legislatore ha voluto anticipare l’efficacia della definizione di consumatore, contenuta nel codice della crisi: è il soggetto che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale, e ciò a prescindere dalla natura dell’obbligazione stessa.

In questo senso si deve intendere risolto l’annoso problema del fideiussore estraneo all’attività di impresa: costui può essere senz’altro considerato un consumatore.

Viene poi opportunamente confermata legislativamente la possibilità di accesso al sovraindebitamento per i gruppi familiari conviventi (ivi inclusi i soggetti uniti da unione civile o da un rapporto di convivenza di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016 n. 76, ovvero i parenti fino al quarto grado e affini fino al secondo), o il cui indebitamento abbia radice comune e purché le masse attive e passive siano distinte nel piano.

Si conferma, per altro, che il debitore per poter accedere all’istituto del “piano del consumatore”, non deve aver determinato il proprio sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

Una questione molto importante, poi, riguarda le conseguenze “bancarie” del sovraindebitamento, visto che nel piano non sempre si prevede il pagamento integrale ed immediato del debito bancario; questo porta come conseguenza che:

  1. nel caso in cui sia previsto il soddisfo integrale ma dilazionato (è il caso, ad esempio, della nuova previsione della “prosecuzione del mutuo ipotecario” ex art. 8 comma 1-ter e 1-quater 3/2012), Banca d’Italia ha chiarito che ove i pagamenti risultino regolari e non vi siano mancati rimborsi, le posizioni segnalate potranno uscire dalla “forbearance”dopo un periodo di osservazione di due o tre anni, a seconda che il credito sia classificato, rispettivamente, come performing o non performing, nell’ambito di un’autonoma valutazione della capacità del debitore sovraindebitato di adempiere correttamente e puntualmente quanto previsto nel piano o accordo con i creditori;
  2. nel caso, certamente più frequente, in cui il piano o l’accordo omologato prevedano lo stralcio del credito dell’ente finanziario e, dunque, un pagamento solo parziale, allora è certo che una parte del credito non sarà più recuperata per cui essa dovrà essere segnalata nella categoria “sofferenze – crediti passati a perdita” (e ciò anche ove la banca avesse espressamente aderito alla proposta di stralcio formulata dal sovraindebitato);
  3. se però il pagamento della parte di credito di cui si prevede il soddisfo avviene in unica soluzione, opera il disposto del par. 5.5. delle Istruzioni per cui “la segnalazione non è più dovuta dalla rilevazione successiva a quella in cui il credito è stato interamente passato a perdita ovvero è stata rimborsata la parte non passata a perdita”.

In ragione di quanto sopra occorre tenere presente che, ove il debitore non risultasse già segnalato a sofferenza, gli effetti pregiudizievoli derivanti da detta classificazione operata prima del deposito della domanda di accesso al sovraindebitamento rendono quantomai opportuno, ove ciò sia possibile, ricercare un accordo preventivo con uno o più creditori finanziari diretto a negoziare la predetta classificazione.

Alternativamente, nel caso non fosse possibile concludere la negoziazione con il ceto bancario, sembrerebbe opportuno valutare di inserire una clausola nella proposta di accordo con cui il sovraindebitato ponga a carico dei creditori finanziari (tutti o solo alcuni di essi), un determinato comportamento in sede di classificazione del credito, come obbligazione di facere direttamente discendente dall’accordo omologato.

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Lo Studio rimane a disposizione di chi intendesse approfondire queste ed altre tematiche.

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